Sindacati: il caso Eurogravure diventa nazionale
La vertenza della Eurogravure di Treviglio travalica i confini bergamaschi e arriva fino a Roma. Le segreterie Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil di Roma hanno proclamato uno sciopero di 2 ore per domani, 23 giugno, per tutto il settore rotocalco e rotooffset periodici di tutt’Italia a sostegno della lotta dei lavoratori Eurogravure.
Come noto, Eurogravure fa parte del gruppo Arvato-Bertelsmann, che, in Italia, comprende anche il Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche di Bergamo, le Arti Grafiche Johnson di Seriate e la Distriberg di Grassobbio. Le aziende del gruppo occupano 1.250 lavoratori in tutta la provincia di Bergamo.
Nell’azienda di Treviglio, specializzata in stampa a rotocalco, si producono anche per periodici Rizzoli come Oggi, Io Donna, Sportweek e per l’Editoriale Domus (Quattroruote). Il 27 marzo scorso l’azienda ha fatto sapere che per tutti i 187 lavoratori si sarebbe proceduto al recesso dagli istituti retributivi concordati nella contrattazione di secondo livello.
In altre parole niente quattordicesima mensilità, niente maggiorazioni dei turni, niente indennità mensa. Il che, tradotto in soldoni, significa qualche migliaio di euro in meno nella busta paga dei lavoratori.
Dal primo giugno, la disdetta unilaterale è diventata operativa. Il che, a detta dei sindacati, apre un precedente molto pericoloso: quello di una deregulation del mercato, dove ogni azienda fa da sé senza rispettare la contrattazione.
Per questo la questione si è allargata a tutto il comparto nazionale della stampa di rotocalco. Oltre a un incontro con il governo e Assografici, i sindacati chiedono “un progetto di politica industriale per non scaricare tutta la pesantezza della crisi sui lavoratori e per permettere al settore di superare questo periodo di gravi difficoltà strutturali”.
Gentile Redazione,
sono un dipendente della società Eurogravure di Treviglio (Bergamo).
Vorrei chiarire la nostra vicenda, in quanto a mio parere particolarmente significativa.
Il 27 marzo 2009, c’è stato consegnata formalmente la disdetta totale di tutti gli accordi aggiuntivi derivanti dalla contrattazione di secondo livello rispetto al contratto nazionale di base. Tale decisione si giustifica come operazione necessaria a recuperare competitività in un mercato di forte crisi. Questo comporta per i lavoratori una perdita salariale di circa il 30% dello stipendio.
Dopo aver subito una forte diminuzione di posti di lavoro (nel 2000 eravamo circa 300 dipendenti), un trasferimento oneroso in termini di costi di trasporto aggiuntivi per la maggior parte dei dipendenti, un notevolissimo incremento dei ritmi e carichi di lavoro, con rilevanti diminuzioni salariali questo è il ringraziamento. Dopo solo tre anni dalla inaugurazione della nuova sede di Treviglio abbiamo diversi macchinari fuori uso. Vi è una struttura dirigenziale spesso incompetente, mentre il nostro Amministratore delegato percepisce in un anno quello che un lavoratore percepirà in circa trenta anni!
Della nostra vicenda si stanno ora occupando anche i sindacati nazionali, infatti alcuni giorni fa c’è stato uno sciopero nazionale di settore ma crediamo che sarebbero necessarie azioni più incisive.
Con la busta paga di giugno, l’azienda ci ha fatto pervenire una lettera in cui formalizza alcune aperture su istituti retributivi disdettati a condizione di bloccare lo stato d’agitazione e sedersi ad un tavolo di trattativa per discutere anche di modifiche del numero di organico nei reparti, altrimenti, sarebbe pronta ad aprire la mobilità. Dopo più di tre mesi di lotta e circa 100 ore pro capite di sciopero, l’azienda, trovandosi in difficoltà, ha deciso di giocare la carta del ricatto occupazionale dichiarando che, se non si scende a patti, si attiverà per tagliare posti di lavoro. Da notare che l’azienda delocalizza la produzione, quindi non c’è scarsità di lavoro! Sappiamo che in altri casi si affrontano situazioni anche più difficili, ma siamo anche convinti che se si fanno passare simili condizioni in realtà come la nostra, sarebbe ancora più difficile per altri lavoratori difendersi.
Noi dipendenti sono disposti a discutere per superare questa fase esaminando le inefficienze organizzative e di gestione che ci sono e molto pesanti. Magari spostando l’erogazione di alcuni istituti retributivi sulla presenza.
Noi siamo pronti a proseguire ancora, se necessario anche con azioni più dure. Ora che la disdetta degli accordi è operativa, accade che i lavoratori sono ulteriormente demotivati nel proprio dovere. Anche se la direzione aziendale cerca di dividere il fronte dei lavoratori e scoraggiarli, questo non fa che essere ulteriore conferma dell’iniquità della manovra. Anche di fronte ad un negoziato sul salario che porterebbe probabilmente a provvedimenti intermedi sull’abbattimento dello stesso, lascerebbe in ogni caso scontenti i lavoratori. Per noi, tutto è parte integrante della retribuzione e fondamentale per far fronte ai nostri impegni.
Occorre trovare le leve per agire sulla costanza e sulla qualità del lavoro.
Solo così crediamo che questa vicenda avrà uno sbocco positivo per tutti.
Massimo